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Avatar di Alma Gattinoni

Nitore/film di merda la vita adulta/un presagio che si incarna.

Chi si affaccia a questo esperimento narrativo, subito fa la conoscenza con i quattro personaggi, delineati con nitore, con pochi tratti: la sedicenne dal maglione viola con un filo triste tirato, l'artista allegramente maniacale nell'ambizione di attore timido, il muscoloso con eccesso di gel (giudicato belloccio e superficiale), il solitario sempre in ritardo, consapevole del primo film del nuovo millennio. Siamo nel sabato pomeriggio dell'8 gennaio 2000, in un cinema di provincia. La proiezione del film "American Beauty" si inceppa e le carte del tempo si mescolano. Ai quattro sembra di vedere sullo schermo una serie di profezie, situazioni di 17 anni dopo. Una valanga di dettagli sconnessi, ma in qualche modo memorabili, destinati a durare, presagi che si incarnano, letteralmente, in nuca, scroto, dita, denti, rughe, macchie sulla mano. La citazione rovesciata dal film di Allen "La rosa purpurea del Cairo" serve come spunto per squarciare il diaframma tra la vita vera e quella rappresentata, proiettata, "visionata". Serve a creare il prodigio di una incursione nel tempo che scardina la cronologia lineare e regala maturità di esperienza a chi esperienza ancora non ha. Ritorna la tua riflessione su tempo e corpo, in veste nuova e promettente. Una lettura poliedrica, sensuale, con la forza della letteratura e la suggestione del cinema.

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Avatar di Mario Massimo

Una ouverture decisamente stimolante. Benissimo le "parole che si usano solo scrivendo"!! Sarà anche per questo che lo stile profuma di una - tutt'altro che supercliosa - poesia. Come nel buon tempo andato, pensiamo già, ingolositi, "...alla prossima puntata".

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