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Avatar di Alma Gattinoni

La felicità dell'irrilevanza è un titolo rilevatore e rivelatore, nella sua costruzione per ossimoro, della condizione sospesa dei sedicenni, nella "intermittenza fra il non ancora e il non più", prima di salire sulla giostra adulta della vita. Felicità inconsapevole, propria dell'età. Ma l'autore confronta la spinta a realizzare i propri progetti, l'aspirazione al successo, all'exsistere di due suoi personaggi con la messa in discussione e il ribaltamento di quel valore. Questo breve capitolo, con l'irruzione nella stanza del personaggio dell'artista, ricostituisce la triade dei maschi, continuando a esplorare le tre reazioni dei diversi comportamenti. Ancora Silvia è lontana, ma in uno stato sopra le righe, che chiede convocazione (non è chiaro da parte di chi, forse di un'amica). Il solitario, ci spiega l'autore, non è allenato a cercare il conflitto e non reagisce alla sarcastica esclusione da parte dell'artista. Ma intuisce una sorta di legge generale, "un'animosità latente" in cerca di sfogo. Così chi scrive presta al personaggio una riflessione sotto forma di digressione (piuttosto lunga), seguita da una sintesi sulla ininterrotta voce polemica che accomuna tutti. L'etimologia della parola, memoria scolastica, riconduce per associazione a un sabato all'inizio dell'autunno e alla visione al cinema del film di Almodovar "Tutto su mia madre". Un salto temporale permette al solitario di ripensare a una scena cruciale, sottolineata da una musica commovente, e di ricordare che il comportamento di Esteban gli aveva scatenato una identificazione con l'artista. Ma adesso è un'identificazione dubbiosa, perché la propria identità è piena di dubbi. L'iterazione di quel "due" e la comparsa ripetuta del trattino sospensivo lo testimoniano con chiarezza. Il desiderio di fermarsi sulla soglia tra le due età è ribadito dalle definizioni per negazione della passione, parola che riassume la difficoltà di auto-definirsi. Chiude il capitolo l'analogia tra la vorticosa rincorsa della giostra e l'invito a fermarsi, che ospita la saggezza di chi, oltrepassata la soglia negli anni, ha intuito l'inganno. Il racconto si mantiene all'interno di una stanza (sala cinema, camera d'albergo), non dà per ora importanza a luoghi, condizioni meteo, relazioni con altri personaggi. Si muove con spostamenti minimi, in una scacchiera di studio delle psicologie dei protagonisti, astraendo da dettagli e da richiami contemporanei all'anno fatidico. Ma ci sono altri capitoli in programma.

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Avatar di Claudia Lucca
5dModificato

Com’è la vita per chi non accetta la polemos? Difficile vivere oggi in un mondo pieno di “progetti bellicosi” se non si è “generali senza esercito”. È la guerra che entra anche a distanza nel romanzo, le tante guerre individuali specchio delle carneficine collettive. Viene da piangere, perché la guerra fa piangere, perché la “vita fa anche piangere”, perché questa volta il cuore da donare è quello di tuo figlio. E sembra impossibile, tutto. Grazie. Grazie della poesia, grazie del riconoscersi uomini e donne che corrono insieme, che vivono la stessa attesa, che potrebbero semplicemente fermarsi. Basta polemos, basta. Mi ripeterò la preghiera bellissima di questa puntata: “Fermiamoci dove la passione è uno spreco … dove l’ostinazione non è uno stipendio”, dove ancora quello che ci costituisce come esseri umani - dico - permane. Se così fosse, magari, non si vedrebbe alcun inganno luminescente oppure l’unico inganno sarebbe quello meraviglioso della finzione letteraria, dell’homo ludens che giocando crea una lei e un lui che sono un “insieme di parole”, dentro cui mi riconosco io, ti riconosci tu. Come sempre grazie per questa attesa, sorprendente e lirica puntata.

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