Com’è la vita per chi non accetta la polemos? Difficile vivere oggi in un mondo pieno di “progetti bellicosi” se non si è “generali senza esercito”. È la guerra che entra anche a distanza nel romanzo, le tante guerre individuali specchio delle carneficine collettive. Viene da piangere, perché la guerra fa piangere, perché la “vita fa anche piangere”, perché questa volta il cuore da donare è quello di tuo figlio. E sembra impossibile, tutto. Grazie. Grazie della poesia, grazie del riconoscersi uomini e donne che corrono insieme, che vivono la stessa attesa, che potrebbero semplicemente fermarsi. Basta polemos, basta. Mi ripeterò la preghiera bellissima di questa puntata: “Fermiamoci dove la passione è uno spreco … dove l’ostinazione non è uno stipendio”, dove ancora quello che ci costituisce come esseri umani - dico - permane. Se così fosse, magari, non si vedrebbe alcun inganno luminescente oppure l’unico inganno sarebbe quello meraviglioso della finzione letteraria, dell’homo ludens che giocando crea una lei e un lui che sono un “insieme di parole”, dentro cui mi riconosco io, ti riconosci tu. Come sempre grazie per questa attesa, sorprendente e lirica puntata.
Quanta poesia in questa puntata! Mi ha lasciato senza fiato per quanto è bella!
"[...] piangere senza un perché, piangere perché la vita fa anche piangere, bisogna piangere ogni tanto e quella musica è perfetta per piangere. [...]" E quanti pianti nell'adolescenza. Poi si comincia a piangere meno, forse perché smettiamo di essere così esposti, come carne viva, a ogni sollecitazione, interna e esterna. Ma forse dovremmo ricominciare a piangere, piangere senza un perché.
"[...] ecco, questo è l’artista. Un ragazzo che corre sotto la pioggia per chiedere un autografo a un’attrice famosa." Al di là del fatto che si sta parlando di un personaggio specifico, "l'artista", ci ho sentito un'idea universale dell'essere artista. E del resto subito dopo si dice "Chi è il ragazzo che corre sotto la pioggia? Sei tu, sono io. [...] siamo due che corrono sotto la pioggia [...] Siamo due che pensano alla stessa ragazza. Siamo due che cercano. Cercano. Vogliono esistere."
E poi la preghiera finale:
"Fermiamoci qui, artista, ti prego. [...] Restiamo qui per sempre [...] nella lunga lunghissima intermittenza fra il non ancora e il non più, dove possiamo piacere solo a chi vogliamo piacere [...] Fermiamoci, ti prego, prima di salire sulla giostra adulta [...] Poi la giostra rallenta, rallenta, sta per fermarsi e niente, puoi rimettere il gettone, fare un altro giro, ma mentre rallentava hai visto qualcosa, hai intravisto una scritta al neon che dice INGANNO. […] Felice senza sapere di esserlo, è felice perché possiamo essere solo questo, non altro ci è richiesto. L’ignoranza è una forma di felicità qualche volta. Siamo liberi." Quanto ci manca quella libertà?
E quanto è commovente quell'arrendersi del solitario, quel non cedere all'istinto bellicista che troppo spesso tende a sopraffarci ("Quasi nessuno è un pacifista, nella vita privata").
Molti sono gli elementi che giocano dentro questa puntata : Il sarcasmo dell'artista che mette da parte il solitario, non vuole che partecipi e vada insieme al muscoloso da Silvia. La ribellione e la lotta interiore del solitario stesso che in uno sfogo del tutto personale, vuole ingaggiare una lotta, un guerra contro tutti per non essere coinvolto in ciò che gli piacerebbe. Collera e rabbia contro chi mette a repentaglio il suo equilibrio. E' importante la crescita per fare parte del mondo degli adulti? Lo è fino al momento in cui non condiziona il tuo modo di pensare e il tuo atteggiamento personale. Gli altri vorrebbero schiacciarti, in quel momento subentra un odio sottinteso per la scarsa comprensione e il mondo provoca un senso di inadeguatezza. Il solitario si sente ingannato, sensazione disagevole e si trasforma in accordo con l'artista . Non andrà da Silvia, resta nell'albergo a dormire. Non si può essere sempre partecipi dei problemi altrui, spesso l'indifferenza regala la libertà e l' astensione dagli obblighi imposti. La responsabilità è un vento
liberatorio. Contrasti dell'anima molto forti ed esposti benissimo.
Il solitario non la vuole vedere ubriaca, non ci va, e non vuole dividerla con gli altri due, tanto è ubriaca. Silvia, Silvia, Silvia. Trovo un po' sfilacciata, l'azione di quello che accade con i pensieri che vanno verso una maturità che contrasta con i suoi richiami ad una filosofia degli eventi che sa più di università che di diploma e di un "dimenticabile" hotel a Barcellona. Tutto su mia madre è un film, quando invece la chiamata di una madre nelle puntate precedenti mi ha deviato, pensavo irrompessero le vite dei ragazzi che hanno nelle loro famiglie da cui si sono staccati da poche ore. E quindi nuove confessioni, richieste d'aiuto o ribellione che si fa conflitto. Quella gita a quell'età con gli amici forzati nell'avventura scolastica lascerà dei segni "indimenticabili" e l'ubriacatura adolescenziale ne sarà un motore ? L'attesa per la prossima puntata è sempre viva più che mai.
E però mi fai venire un dubbio… secondo me Silvia non è la ragazza col maglione viola che piace all’artista e al solitario e pure (forse) al muscoloso. I nostri quattro protagonisti non hanno nome, mentre Silvia sì. E poi lei è già impegnata con un ragazzo (anche se sembra dimenticarselo…), mentre la ragazza col maglione viola no. Almeno, io ho capito così.
Sì, hai ragione Claudia, Silvia non è la Lei che anch'io sto aspettando, la Lei dei 4 che dovranno commentare anche il film di Almadovar (così tanto altro si chiarirà) ma dopo la gita, dopo il diploma, dopo la maturità? Credo che Paolo stia per svelare il colpo di scena legato alla gita "indimenticabile" a Barcellona, la gita come la pistola fumante che compare e che prima o poi spara, chissà perché penso ai Fantastici 4 e alla donna invisibile, io nel 1999 a 33 anni vinco il concorso all'Università (e mi tranquillizzo, mi sistemo o come si dice) negli stessi giorni mi risposo, mi sposo con Monica, con un figlio già di nove anni: per me il 1999 non è una ripartenza ma l'inizio di un mondo nuovo, forse quello adulto che nei dieci anni precedenti è stato una fuga continua da un mondo adulto esploso troppo presto. Per questi fantastici 4 è l'anno del salto ma nella narrazione degli eventi lo spazio tempo (quello del "È felice questa irrilevanza stanotte. Felice senza sapere di esserlo, è felice perché possiamo essere solo questo, non altro ci è richiesto. L’ignoranza è una forma di felicità qualche volta." si accavalla e si intreccia così vorticosamente da creare in me tanta bella, vera e santa, confusione, vedi Silvia per esempio. "Andate voi" ecco, ovvio è un solitario, solitario anche nella folla, nella gita, nello scrivere racconti, nell'immaginarsi l'esistenza a puntate, settimana dopo settimana, racconto dopo racconto. Occasione dopo occasione, una gita, una giostra e la scritta del neon che dice INGANNO. Silvia è ubriaca, Silvia sta male ma al solitario non interessa o fa troppo male anche per lui? "Fermiamoci qui, artista, ti prego. Fermiamoci dove la passione è uno spreco, dove non è un impegno con nessuno, dove non è ripetizione, dove l’ostinazione non è uno stipendio o un obbligo sociale. Dove non è una cosa da adulti." Ma la giostra non può stare ferma, riprende il suo giro con i cavalli che vanno su e giù, la musica che canta rap melodico, nell'estate più rovente da millenni. Grazie Claudia per questo tuo commento che mi ha fatto rileggere questa puntata più volte. Incasinandomi più di quanto non fossi già incasinato. Grazie Paolo per questa giostra che gira senza "gettoni", Io che Tutto su mia madre nemmeno l'ho visto ancora, io che resto incantato a vedere passare i mille tram del desiderio di questa vita e i mille giri di una giostra che gira e non smette di girare, appunto: "L’ignoranza è una forma di felicità qualche volta." Ma ai giostrai non è consentito fermarsi, è vietato dire basta voglio scendere, perché loro non possono scendere, fanno volare.
Complesso, sottile, l'intreccio dei rapporti fra l'io narrante/scrivente e questo suo speculare ritrovarsi nel personaggio che entra, ed empie di sè la frase. E, pur nel breve riferimento al racconto filmico, la gemma dell'episodio risiede nel miracolo - che solo la letteratura rende possibile, inarrivabile per tutti gli Almodovar & Company del mondo - del non detto. Ma detto, ovviamente, a noi che leggiamo. E riconosciamo in quelle parole il fiato del nostro respiro, la storia del nostro essere diventati gli adulti che - bene o male - adesso siamo.
Nell'ultima frase avrei dovuto scrivere irresponsabilità è un vento liberatorio. Il pianto anche è liberatorio, aggiungo, se accompagnato da una canzone che lo sollecita e lo solletica, con fare delicato. Mi scuso con l'autore. Doverosa la correzione da parte mia.
Progredisceono assieme dialoghi, narratore interno e aura, l'atmosfera che fonde il caratteri, acerbi ma vitali, e le meditazioni di fondo. Alla Hopper?
La felicità dell'irrilevanza è un titolo rilevatore e rivelatore, nella sua costruzione per ossimoro, della condizione sospesa dei sedicenni, nella "intermittenza fra il non ancora e il non più", prima di salire sulla giostra adulta della vita. Felicità inconsapevole, propria dell'età. Ma l'autore confronta la spinta a realizzare i propri progetti, l'aspirazione al successo, all'exsistere di due suoi personaggi con la messa in discussione e il ribaltamento di quel valore. Questo breve capitolo, con l'irruzione nella stanza del personaggio dell'artista, ricostituisce la triade dei maschi, continuando a esplorare le tre reazioni dei diversi comportamenti. Ancora Silvia è lontana, ma in uno stato sopra le righe, che chiede convocazione (non è chiaro da parte di chi, forse di un'amica). Il solitario, ci spiega l'autore, non è allenato a cercare il conflitto e non reagisce alla sarcastica esclusione da parte dell'artista. Ma intuisce una sorta di legge generale, "un'animosità latente" in cerca di sfogo. Così chi scrive presta al personaggio una riflessione sotto forma di digressione (piuttosto lunga), seguita da una sintesi sulla ininterrotta voce polemica che accomuna tutti. L'etimologia della parola, memoria scolastica, riconduce per associazione a un sabato all'inizio dell'autunno e alla visione al cinema del film di Almodovar "Tutto su mia madre". Un salto temporale permette al solitario di ripensare a una scena cruciale, sottolineata da una musica commovente, e di ricordare che il comportamento di Esteban gli aveva scatenato una identificazione con l'artista. Ma adesso è un'identificazione dubbiosa, perché la propria identità è piena di dubbi. L'iterazione di quel "due" e la comparsa ripetuta del trattino sospensivo lo testimoniano con chiarezza. Il desiderio di fermarsi sulla soglia tra le due età è ribadito dalle definizioni per negazione della passione, parola che riassume la difficoltà di auto-definirsi. Chiude il capitolo l'analogia tra la vorticosa rincorsa della giostra e l'invito a fermarsi, che ospita la saggezza di chi, oltrepassata la soglia negli anni, ha intuito l'inganno. Il racconto si mantiene all'interno di una stanza (sala cinema, camera d'albergo), non dà per ora importanza a luoghi, condizioni meteo, relazioni con altri personaggi. Si muove con spostamenti minimi, in una scacchiera di studio delle psicologie dei protagonisti, astraendo da dettagli e da richiami contemporanei all'anno fatidico. Ma ci sono altri capitoli in programma.
Com’è la vita per chi non accetta la polemos? Difficile vivere oggi in un mondo pieno di “progetti bellicosi” se non si è “generali senza esercito”. È la guerra che entra anche a distanza nel romanzo, le tante guerre individuali specchio delle carneficine collettive. Viene da piangere, perché la guerra fa piangere, perché la “vita fa anche piangere”, perché questa volta il cuore da donare è quello di tuo figlio. E sembra impossibile, tutto. Grazie. Grazie della poesia, grazie del riconoscersi uomini e donne che corrono insieme, che vivono la stessa attesa, che potrebbero semplicemente fermarsi. Basta polemos, basta. Mi ripeterò la preghiera bellissima di questa puntata: “Fermiamoci dove la passione è uno spreco … dove l’ostinazione non è uno stipendio”, dove ancora quello che ci costituisce come esseri umani - dico - permane. Se così fosse, magari, non si vedrebbe alcun inganno luminescente oppure l’unico inganno sarebbe quello meraviglioso della finzione letteraria, dell’homo ludens che giocando crea una lei e un lui che sono un “insieme di parole”, dentro cui mi riconosco io, ti riconosci tu. Come sempre grazie per questa attesa, sorprendente e lirica puntata.
Quanta poesia in questa puntata! Mi ha lasciato senza fiato per quanto è bella!
"[...] piangere senza un perché, piangere perché la vita fa anche piangere, bisogna piangere ogni tanto e quella musica è perfetta per piangere. [...]" E quanti pianti nell'adolescenza. Poi si comincia a piangere meno, forse perché smettiamo di essere così esposti, come carne viva, a ogni sollecitazione, interna e esterna. Ma forse dovremmo ricominciare a piangere, piangere senza un perché.
"[...] ecco, questo è l’artista. Un ragazzo che corre sotto la pioggia per chiedere un autografo a un’attrice famosa." Al di là del fatto che si sta parlando di un personaggio specifico, "l'artista", ci ho sentito un'idea universale dell'essere artista. E del resto subito dopo si dice "Chi è il ragazzo che corre sotto la pioggia? Sei tu, sono io. [...] siamo due che corrono sotto la pioggia [...] Siamo due che pensano alla stessa ragazza. Siamo due che cercano. Cercano. Vogliono esistere."
E poi la preghiera finale:
"Fermiamoci qui, artista, ti prego. [...] Restiamo qui per sempre [...] nella lunga lunghissima intermittenza fra il non ancora e il non più, dove possiamo piacere solo a chi vogliamo piacere [...] Fermiamoci, ti prego, prima di salire sulla giostra adulta [...] Poi la giostra rallenta, rallenta, sta per fermarsi e niente, puoi rimettere il gettone, fare un altro giro, ma mentre rallentava hai visto qualcosa, hai intravisto una scritta al neon che dice INGANNO. […] Felice senza sapere di esserlo, è felice perché possiamo essere solo questo, non altro ci è richiesto. L’ignoranza è una forma di felicità qualche volta. Siamo liberi." Quanto ci manca quella libertà?
E quanto è commovente quell'arrendersi del solitario, quel non cedere all'istinto bellicista che troppo spesso tende a sopraffarci ("Quasi nessuno è un pacifista, nella vita privata").
Grazie, grazie davvero.
Molti sono gli elementi che giocano dentro questa puntata : Il sarcasmo dell'artista che mette da parte il solitario, non vuole che partecipi e vada insieme al muscoloso da Silvia. La ribellione e la lotta interiore del solitario stesso che in uno sfogo del tutto personale, vuole ingaggiare una lotta, un guerra contro tutti per non essere coinvolto in ciò che gli piacerebbe. Collera e rabbia contro chi mette a repentaglio il suo equilibrio. E' importante la crescita per fare parte del mondo degli adulti? Lo è fino al momento in cui non condiziona il tuo modo di pensare e il tuo atteggiamento personale. Gli altri vorrebbero schiacciarti, in quel momento subentra un odio sottinteso per la scarsa comprensione e il mondo provoca un senso di inadeguatezza. Il solitario si sente ingannato, sensazione disagevole e si trasforma in accordo con l'artista . Non andrà da Silvia, resta nell'albergo a dormire. Non si può essere sempre partecipi dei problemi altrui, spesso l'indifferenza regala la libertà e l' astensione dagli obblighi imposti. La responsabilità è un vento
liberatorio. Contrasti dell'anima molto forti ed esposti benissimo.
Il solitario non la vuole vedere ubriaca, non ci va, e non vuole dividerla con gli altri due, tanto è ubriaca. Silvia, Silvia, Silvia. Trovo un po' sfilacciata, l'azione di quello che accade con i pensieri che vanno verso una maturità che contrasta con i suoi richiami ad una filosofia degli eventi che sa più di università che di diploma e di un "dimenticabile" hotel a Barcellona. Tutto su mia madre è un film, quando invece la chiamata di una madre nelle puntate precedenti mi ha deviato, pensavo irrompessero le vite dei ragazzi che hanno nelle loro famiglie da cui si sono staccati da poche ore. E quindi nuove confessioni, richieste d'aiuto o ribellione che si fa conflitto. Quella gita a quell'età con gli amici forzati nell'avventura scolastica lascerà dei segni "indimenticabili" e l'ubriacatura adolescenziale ne sarà un motore ? L'attesa per la prossima puntata è sempre viva più che mai.
E però mi fai venire un dubbio… secondo me Silvia non è la ragazza col maglione viola che piace all’artista e al solitario e pure (forse) al muscoloso. I nostri quattro protagonisti non hanno nome, mentre Silvia sì. E poi lei è già impegnata con un ragazzo (anche se sembra dimenticarselo…), mentre la ragazza col maglione viola no. Almeno, io ho capito così.
Giusto
Sì, hai ragione Claudia, Silvia non è la Lei che anch'io sto aspettando, la Lei dei 4 che dovranno commentare anche il film di Almadovar (così tanto altro si chiarirà) ma dopo la gita, dopo il diploma, dopo la maturità? Credo che Paolo stia per svelare il colpo di scena legato alla gita "indimenticabile" a Barcellona, la gita come la pistola fumante che compare e che prima o poi spara, chissà perché penso ai Fantastici 4 e alla donna invisibile, io nel 1999 a 33 anni vinco il concorso all'Università (e mi tranquillizzo, mi sistemo o come si dice) negli stessi giorni mi risposo, mi sposo con Monica, con un figlio già di nove anni: per me il 1999 non è una ripartenza ma l'inizio di un mondo nuovo, forse quello adulto che nei dieci anni precedenti è stato una fuga continua da un mondo adulto esploso troppo presto. Per questi fantastici 4 è l'anno del salto ma nella narrazione degli eventi lo spazio tempo (quello del "È felice questa irrilevanza stanotte. Felice senza sapere di esserlo, è felice perché possiamo essere solo questo, non altro ci è richiesto. L’ignoranza è una forma di felicità qualche volta." si accavalla e si intreccia così vorticosamente da creare in me tanta bella, vera e santa, confusione, vedi Silvia per esempio. "Andate voi" ecco, ovvio è un solitario, solitario anche nella folla, nella gita, nello scrivere racconti, nell'immaginarsi l'esistenza a puntate, settimana dopo settimana, racconto dopo racconto. Occasione dopo occasione, una gita, una giostra e la scritta del neon che dice INGANNO. Silvia è ubriaca, Silvia sta male ma al solitario non interessa o fa troppo male anche per lui? "Fermiamoci qui, artista, ti prego. Fermiamoci dove la passione è uno spreco, dove non è un impegno con nessuno, dove non è ripetizione, dove l’ostinazione non è uno stipendio o un obbligo sociale. Dove non è una cosa da adulti." Ma la giostra non può stare ferma, riprende il suo giro con i cavalli che vanno su e giù, la musica che canta rap melodico, nell'estate più rovente da millenni. Grazie Claudia per questo tuo commento che mi ha fatto rileggere questa puntata più volte. Incasinandomi più di quanto non fossi già incasinato. Grazie Paolo per questa giostra che gira senza "gettoni", Io che Tutto su mia madre nemmeno l'ho visto ancora, io che resto incantato a vedere passare i mille tram del desiderio di questa vita e i mille giri di una giostra che gira e non smette di girare, appunto: "L’ignoranza è una forma di felicità qualche volta." Ma ai giostrai non è consentito fermarsi, è vietato dire basta voglio scendere, perché loro non possono scendere, fanno volare.
Complesso, sottile, l'intreccio dei rapporti fra l'io narrante/scrivente e questo suo speculare ritrovarsi nel personaggio che entra, ed empie di sè la frase. E, pur nel breve riferimento al racconto filmico, la gemma dell'episodio risiede nel miracolo - che solo la letteratura rende possibile, inarrivabile per tutti gli Almodovar & Company del mondo - del non detto. Ma detto, ovviamente, a noi che leggiamo. E riconosciamo in quelle parole il fiato del nostro respiro, la storia del nostro essere diventati gli adulti che - bene o male - adesso siamo.
Nell'ultima frase avrei dovuto scrivere irresponsabilità è un vento liberatorio. Il pianto anche è liberatorio, aggiungo, se accompagnato da una canzone che lo sollecita e lo solletica, con fare delicato. Mi scuso con l'autore. Doverosa la correzione da parte mia.
Progredisceono assieme dialoghi, narratore interno e aura, l'atmosfera che fonde il caratteri, acerbi ma vitali, e le meditazioni di fondo. Alla Hopper?
La felicità dell'irrilevanza è un titolo rilevatore e rivelatore, nella sua costruzione per ossimoro, della condizione sospesa dei sedicenni, nella "intermittenza fra il non ancora e il non più", prima di salire sulla giostra adulta della vita. Felicità inconsapevole, propria dell'età. Ma l'autore confronta la spinta a realizzare i propri progetti, l'aspirazione al successo, all'exsistere di due suoi personaggi con la messa in discussione e il ribaltamento di quel valore. Questo breve capitolo, con l'irruzione nella stanza del personaggio dell'artista, ricostituisce la triade dei maschi, continuando a esplorare le tre reazioni dei diversi comportamenti. Ancora Silvia è lontana, ma in uno stato sopra le righe, che chiede convocazione (non è chiaro da parte di chi, forse di un'amica). Il solitario, ci spiega l'autore, non è allenato a cercare il conflitto e non reagisce alla sarcastica esclusione da parte dell'artista. Ma intuisce una sorta di legge generale, "un'animosità latente" in cerca di sfogo. Così chi scrive presta al personaggio una riflessione sotto forma di digressione (piuttosto lunga), seguita da una sintesi sulla ininterrotta voce polemica che accomuna tutti. L'etimologia della parola, memoria scolastica, riconduce per associazione a un sabato all'inizio dell'autunno e alla visione al cinema del film di Almodovar "Tutto su mia madre". Un salto temporale permette al solitario di ripensare a una scena cruciale, sottolineata da una musica commovente, e di ricordare che il comportamento di Esteban gli aveva scatenato una identificazione con l'artista. Ma adesso è un'identificazione dubbiosa, perché la propria identità è piena di dubbi. L'iterazione di quel "due" e la comparsa ripetuta del trattino sospensivo lo testimoniano con chiarezza. Il desiderio di fermarsi sulla soglia tra le due età è ribadito dalle definizioni per negazione della passione, parola che riassume la difficoltà di auto-definirsi. Chiude il capitolo l'analogia tra la vorticosa rincorsa della giostra e l'invito a fermarsi, che ospita la saggezza di chi, oltrepassata la soglia negli anni, ha intuito l'inganno. Il racconto si mantiene all'interno di una stanza (sala cinema, camera d'albergo), non dà per ora importanza a luoghi, condizioni meteo, relazioni con altri personaggi. Si muove con spostamenti minimi, in una scacchiera di studio delle psicologie dei protagonisti, astraendo da dettagli e da richiami contemporanei all'anno fatidico. Ma ci sono altri capitoli in programma.