Ogni settimana mi piace di più. Ho gradito moltissimo il dialogo, sia il detto, che il non detto. Molto belle queste due frasi: »Fìdati. Non parlarsi non porta da nessuna parte.”
Il muscoloso e il solitario tornano e il loro dialogo è estremamente interessante. Concordo con l'autore che alcuni momenti rivelano debolezze che spesso si nascondono per una sorta di pudore o voglia di apparire diversi da come si è dentro. Una delle realtà che non riveleremo mai, ma le circostanze lavorano per noi. Belle le immagini dei luoghi, così immediate da togliere il fiato. E belle , per continuare il discorso delle debolezze, quelle riferite alle descrizioni fisiche dei comuni mortali. Non si possono occultare, e in special modo in un romanzo o in un film , si possono rivelare. Parlare è meglio o tacere ? In fondo si chiede lo scrittore , continuando il dialogo fra il muscoloso e il solitario. Veri e genuini entrambi i casi, a noi saper distinguere con oculatezza quando è meglio dare spazio alle parole, o lasciarle chiuse in un ipotetico scrigno.
Lo sguardo puntato sul corpo, sulla fisicità di cui più ci si vergogna (l'evacuazione, l'eiaculazione: gli imbarazzati termini "puliti", qui però felicemente sostituti dai sinonimi sfacciati), fa da preludio al garbuglio sentimentale, che di colpo sembra rivelare, più ancora di quelle fisiche, impensabili debolezze: anche per questo, ci si prospetta un seguito inovgliante...
Ritorna il quartetto di amici, con uno spaccato sulle loro relazioni, risolto attraverso un cambio di scena e di situazione, la prevalenza del dialogo tra due e l'uso di corsivi segnaletici di parole chiave e caratteri evidenziati in grassetto. Un sottotitolo a "Barcellona" potrebbe essere "un viaggetto nella verità esistenziale altrui". La scoperta reciproca è il frutto di una promiscuità, una "inusitata confidenza fra corpi semi-adulti" di compagni di banco che diventano compagni di vacanza, sperimentatori di un intreccio di desideri sessuali e spettatori delle reciproche pulsioni, inventariate con una gamma di dettagli fisiologici dallo spudorato realismo. L'autore, in un laboratorio lontano dalle quattro mura scolastiche, osserva in azione la difficoltà di comunicare tra giovani individui che credevano di conoscersi, la rivelazione che ci si può capire analizzando le debolezze dell'altro (vedi ansia del volo, trasparente simbolo al di là del viaggio aereo), il dubbio se sia meglio parlarsi o non parlarsi per superare "il qualcosa che non torna". Il dialogo tra il muscoloso, dalla t-shirt bianca, elasticizzata, e il solitario, a commento degli altri due lati del quadrilatero (Silvia e l'artista-regista), fa emergere il fondato sospetto che siano tre i satelliti a ruotare intorno alla solare ragazza, chiusa finora nel suo mistero per scelta autoriale. In un laboratorio lontano dalla staticità delle quattro mura scolastiche, sentimenti come l'invidia, la gelosia, la competizione maschile accompagnano i primi incerti esercizi d'amore. Che cosa aggiungerà alle loro consapevolezze la visione del film di Almodovar?
E ora c’è un bel problema. Sì, perché questo muscoloso - lo sapevo io! - è anche simpatico, e se gli sta bene la maglietta bianca attillata non è mica colpa sua. Simpatico, perché trova normale usare la mano di Silvia e contemporaneamente pensare alla ragazza dal maglione viola. E il solitario? Si lamenta di quello che lei non dice, però anche lui non esplicita al muscoloso e soprattutto a se stesso “quello che non gli sta bene”. Quindi ora mi chiedo: che cosa succederà? A Barcellona, in gita di classe, il solitario si esporrà? La gita di quinta è IL contesto ideale per un gesto che nel “set” abitato per cinque anni sarebbe pura follia. La gita di quinta: memorabile. Perché in fondo è proprio vero quello che scrivi: il compagno di banco è anche un compagno di volo. Compagno di cadute e di frullii di ali esaltanti. E l’accoppiata solitario-muscoloso a me piace molto. Ma chissà chi piace alla ragazza col maglione viola, desiderata da ben tre suoi compagni! Attendo con curiosità il prossimo… e come sempre, grazie!
“Insomma capita che in una debolezza – soprattutto in una debolezza – si veda qualcosa altrimenti invisibile.” Mi è sembrata, questa, la frase chiave del brano, quella attraverso cui leggere tutto quanto accade. La gita di classe, la gita del quinto anno come momento di rivelazione o disvelamento. “Ma qui, a Barcellona, in un hotel dimenticabile, qui” (e il secondo “qui” impone a chi legge di farsi spettatore, di entrare in quel cielo tersissimo, di immergersi nell’ampia prospettiva di quel famoso viale) Qui […] vedi – lo vedi da vicino, […] Qui assisti da vicino.”
In un contesto completamente diverso da quello di un’aula scolastica assistiamo all’emergere di pezzi di personalità inediti e impensati. Perché tutti hanno una personalità, anche “quel tipo con la faccia un po’ squadrata, senza estro” che per il solo fatto di avere allungato un braccio “ora esiste”. Un gesto semplice, istintivo, non controllato e per questo tanto più rivelatorio. Come un pronome che scappa. Quel “Per me” sfuggito alle labbra del muscoloso, quell’attimo di debolezza – con la bocca piena di dentifricio, in una camera d’albergo che lo costringe a un’intimità che lo imbarazza – rivela ciò che fino a quel momento era rimasto invisibile anche al solitario: che la ragazza col maglione viola piace anche a lui. È così che il viaggio a Barcellona diventa “un viaggetto nella verità esistenziale altrui. Rivelazioni minime ma in qualche caso sconcertanti.” E questa con cui si chiude la puntata lo è senz’altro.
il dialogo è sempre preludio; di qualcosa o di altro. Però ti immerge, e si reimmette nei corpi. Qui, devo ascoltare il seguito per seguire meglio il flusso, che già avvincente così. Però, desidero ascoltare il seguito.
Tutti i personaggi dovrebbero fare lo sforzo impossibile di pensare che le sensazioni, le emozioni e i sentimenti che provano ora, resteranno sì indelebili ma non avranno alcun peso reale sulle scelte decisive della loro vita futura. Anche le epifanie improvvise e brucianti di chi, dopo cinque anni di convivenza forzata, impara a conoscersi un po' meglio, anche quelle invecchieranno irrimediabilmente; ciò che resterà è una scatola che ha il vago profumo di caramelle assortite ma è del tutto vuota.
WOW la gita: che bella trappola. E poi, anche in questa puntata l'arrivo di lei è rinviato. Lei contesa in una amicizia che da collettiva a quattro sta per diventare amicizia di coppia, e quindi deflagrare in relazioni particolari, amicizie intime in competizione tra loro, che a loro volta si scoprono e si trasformano strada facendo. È la fine degli anni ’90 del resto, il canone, il rito, la messa e la comunione dello stare insieme è mutato. Il ’68 nemmeno un ricordo per chi non l’ha vissuto: vissuto nel mentre accadeva, né vissuto la sbornia e il reflusso successivi, né la fusione che la fissione. L’emergere sugli altri da reato è diventato meta. Non poteva che essere così. A me sembra con gli occhi di oggi, un destino segnato per quattro amici che si dividono il sonno oltre che il giorno, la scuola e un film come American Beauty. La gita a Barcellona, la gita che chiude l'anno della maturità è uno spazio tempo in cui tutti i lettori vengono rapiti dalla nostalgia e dai ricordi. Che bella trappola letteraria. Io no, a quella gita non andai perché senza soldi. Il cinema, le gite, le bevute e la pizza con gli amici costano e senza soldi e paghetta, anche i riti più comuni della formazione si dividono in classi di appartenenza, dove un solitario è anche più solitario di questo tuo splendido protagonista tra splendidi protagonisti. Per mia fortuna, con tanto senno del poi, non andai. Mi avrebbero arrestato sulla rambla, sì proprio a Barcellona, era il 1985 e sai che figura di merda? Oltre lo stigma perenne come un tatuaggio, forse anche la condanna a ripetere l'anno scolastico. Ma questa è un'altra storia che non interessa a nessuno. Le tue scene della partenza, gli intrecci delle azioni, dei sentimenti che avanzano e precedono i ragionamenti, che si fanno maturi prima della maturità, i dialoghi che testimoniano la crescita e l'espansione della necessità di comprensione che dall'intimo personale sfociano nel mare dell’amicizia h24, sono, tutti insieme, spettacolari, veri, reali come in un lampo l'apprensione materna per un figlio che ha lasciato da qualche ora il nido per un volo internazionale. Sono (e non credo di essere l’unico, anzi, potenza di un tema universale) sono tornato in volo, nello spazio tempo della nostalgia e dei ricordi, dell'amore che nell’impazzimento di ormoni e neuroni non ha scampo, è condanna, è condannato. L’amore che si genera e si riproduce, si rincorre e sta per avvelenare le amicizie, perché domando: a chi a quell'età non è capitato di trovare l'Amore e cominciare a perdersi completamente lasciando ai margini proprio gli amici con cui si è condiviso, fino a pochi giorni prima, l’urgenza del presente, il sogno oltre che il sonno? L'ansia di lei, per lei, di entrare nei suoi pensieri, nei suoi dialoghi, cresce, cresce a dismisura, perché nello spazio tempo della nostalgia e dei ricordi, l'adolescenza sulla soglia della maturità è l'universo impossibile da dimenticare, che ci ha costruito e fortificato, che ci ha decostruito e distrutto, affogati e risorti, nelle sere senza tramonti, nei giorni orfani di albe, nelle notti di deriva e tormento: istanti di momenti eterni senza via di fuga con all'orizzonte il mare dell'ignoto a divorarci l'anima. Un futuro mai veramente futuro ma illusione di un futuro che è desiderio. Amore come veleno avvelenato muore. E poi il prossimo, e quello dopo, e amore ancora Amore. Grazie Paolo, è un trip che non scende: è la dipendenza bella, quella dei romanzi che m'intrappola. Complimenti.
Ogni settimana mi piace di più. Ho gradito moltissimo il dialogo, sia il detto, che il non detto. Molto belle queste due frasi: »Fìdati. Non parlarsi non porta da nessuna parte.”
“Neanche parlarsi.”
Il muscoloso e il solitario tornano e il loro dialogo è estremamente interessante. Concordo con l'autore che alcuni momenti rivelano debolezze che spesso si nascondono per una sorta di pudore o voglia di apparire diversi da come si è dentro. Una delle realtà che non riveleremo mai, ma le circostanze lavorano per noi. Belle le immagini dei luoghi, così immediate da togliere il fiato. E belle , per continuare il discorso delle debolezze, quelle riferite alle descrizioni fisiche dei comuni mortali. Non si possono occultare, e in special modo in un romanzo o in un film , si possono rivelare. Parlare è meglio o tacere ? In fondo si chiede lo scrittore , continuando il dialogo fra il muscoloso e il solitario. Veri e genuini entrambi i casi, a noi saper distinguere con oculatezza quando è meglio dare spazio alle parole, o lasciarle chiuse in un ipotetico scrigno.
Lo sguardo puntato sul corpo, sulla fisicità di cui più ci si vergogna (l'evacuazione, l'eiaculazione: gli imbarazzati termini "puliti", qui però felicemente sostituti dai sinonimi sfacciati), fa da preludio al garbuglio sentimentale, che di colpo sembra rivelare, più ancora di quelle fisiche, impensabili debolezze: anche per questo, ci si prospetta un seguito inovgliante...
Ritorna il quartetto di amici, con uno spaccato sulle loro relazioni, risolto attraverso un cambio di scena e di situazione, la prevalenza del dialogo tra due e l'uso di corsivi segnaletici di parole chiave e caratteri evidenziati in grassetto. Un sottotitolo a "Barcellona" potrebbe essere "un viaggetto nella verità esistenziale altrui". La scoperta reciproca è il frutto di una promiscuità, una "inusitata confidenza fra corpi semi-adulti" di compagni di banco che diventano compagni di vacanza, sperimentatori di un intreccio di desideri sessuali e spettatori delle reciproche pulsioni, inventariate con una gamma di dettagli fisiologici dallo spudorato realismo. L'autore, in un laboratorio lontano dalle quattro mura scolastiche, osserva in azione la difficoltà di comunicare tra giovani individui che credevano di conoscersi, la rivelazione che ci si può capire analizzando le debolezze dell'altro (vedi ansia del volo, trasparente simbolo al di là del viaggio aereo), il dubbio se sia meglio parlarsi o non parlarsi per superare "il qualcosa che non torna". Il dialogo tra il muscoloso, dalla t-shirt bianca, elasticizzata, e il solitario, a commento degli altri due lati del quadrilatero (Silvia e l'artista-regista), fa emergere il fondato sospetto che siano tre i satelliti a ruotare intorno alla solare ragazza, chiusa finora nel suo mistero per scelta autoriale. In un laboratorio lontano dalla staticità delle quattro mura scolastiche, sentimenti come l'invidia, la gelosia, la competizione maschile accompagnano i primi incerti esercizi d'amore. Che cosa aggiungerà alle loro consapevolezze la visione del film di Almodovar?
Sembra di essere in un iper-romanzo, esperimento affascinante e sempre più coinvolgente. Come poteva superarsi uno scrittore di questo calibro?! 💫
E ora c’è un bel problema. Sì, perché questo muscoloso - lo sapevo io! - è anche simpatico, e se gli sta bene la maglietta bianca attillata non è mica colpa sua. Simpatico, perché trova normale usare la mano di Silvia e contemporaneamente pensare alla ragazza dal maglione viola. E il solitario? Si lamenta di quello che lei non dice, però anche lui non esplicita al muscoloso e soprattutto a se stesso “quello che non gli sta bene”. Quindi ora mi chiedo: che cosa succederà? A Barcellona, in gita di classe, il solitario si esporrà? La gita di quinta è IL contesto ideale per un gesto che nel “set” abitato per cinque anni sarebbe pura follia. La gita di quinta: memorabile. Perché in fondo è proprio vero quello che scrivi: il compagno di banco è anche un compagno di volo. Compagno di cadute e di frullii di ali esaltanti. E l’accoppiata solitario-muscoloso a me piace molto. Ma chissà chi piace alla ragazza col maglione viola, desiderata da ben tre suoi compagni! Attendo con curiosità il prossimo… e come sempre, grazie!
“Insomma capita che in una debolezza – soprattutto in una debolezza – si veda qualcosa altrimenti invisibile.” Mi è sembrata, questa, la frase chiave del brano, quella attraverso cui leggere tutto quanto accade. La gita di classe, la gita del quinto anno come momento di rivelazione o disvelamento. “Ma qui, a Barcellona, in un hotel dimenticabile, qui” (e il secondo “qui” impone a chi legge di farsi spettatore, di entrare in quel cielo tersissimo, di immergersi nell’ampia prospettiva di quel famoso viale) Qui […] vedi – lo vedi da vicino, […] Qui assisti da vicino.”
In un contesto completamente diverso da quello di un’aula scolastica assistiamo all’emergere di pezzi di personalità inediti e impensati. Perché tutti hanno una personalità, anche “quel tipo con la faccia un po’ squadrata, senza estro” che per il solo fatto di avere allungato un braccio “ora esiste”. Un gesto semplice, istintivo, non controllato e per questo tanto più rivelatorio. Come un pronome che scappa. Quel “Per me” sfuggito alle labbra del muscoloso, quell’attimo di debolezza – con la bocca piena di dentifricio, in una camera d’albergo che lo costringe a un’intimità che lo imbarazza – rivela ciò che fino a quel momento era rimasto invisibile anche al solitario: che la ragazza col maglione viola piace anche a lui. È così che il viaggio a Barcellona diventa “un viaggetto nella verità esistenziale altrui. Rivelazioni minime ma in qualche caso sconcertanti.” E questa con cui si chiude la puntata lo è senz’altro.
il dialogo è sempre preludio; di qualcosa o di altro. Però ti immerge, e si reimmette nei corpi. Qui, devo ascoltare il seguito per seguire meglio il flusso, che già avvincente così. Però, desidero ascoltare il seguito.
Tutti i personaggi dovrebbero fare lo sforzo impossibile di pensare che le sensazioni, le emozioni e i sentimenti che provano ora, resteranno sì indelebili ma non avranno alcun peso reale sulle scelte decisive della loro vita futura. Anche le epifanie improvvise e brucianti di chi, dopo cinque anni di convivenza forzata, impara a conoscersi un po' meglio, anche quelle invecchieranno irrimediabilmente; ciò che resterà è una scatola che ha il vago profumo di caramelle assortite ma è del tutto vuota.
WOW la gita: che bella trappola. E poi, anche in questa puntata l'arrivo di lei è rinviato. Lei contesa in una amicizia che da collettiva a quattro sta per diventare amicizia di coppia, e quindi deflagrare in relazioni particolari, amicizie intime in competizione tra loro, che a loro volta si scoprono e si trasformano strada facendo. È la fine degli anni ’90 del resto, il canone, il rito, la messa e la comunione dello stare insieme è mutato. Il ’68 nemmeno un ricordo per chi non l’ha vissuto: vissuto nel mentre accadeva, né vissuto la sbornia e il reflusso successivi, né la fusione che la fissione. L’emergere sugli altri da reato è diventato meta. Non poteva che essere così. A me sembra con gli occhi di oggi, un destino segnato per quattro amici che si dividono il sonno oltre che il giorno, la scuola e un film come American Beauty. La gita a Barcellona, la gita che chiude l'anno della maturità è uno spazio tempo in cui tutti i lettori vengono rapiti dalla nostalgia e dai ricordi. Che bella trappola letteraria. Io no, a quella gita non andai perché senza soldi. Il cinema, le gite, le bevute e la pizza con gli amici costano e senza soldi e paghetta, anche i riti più comuni della formazione si dividono in classi di appartenenza, dove un solitario è anche più solitario di questo tuo splendido protagonista tra splendidi protagonisti. Per mia fortuna, con tanto senno del poi, non andai. Mi avrebbero arrestato sulla rambla, sì proprio a Barcellona, era il 1985 e sai che figura di merda? Oltre lo stigma perenne come un tatuaggio, forse anche la condanna a ripetere l'anno scolastico. Ma questa è un'altra storia che non interessa a nessuno. Le tue scene della partenza, gli intrecci delle azioni, dei sentimenti che avanzano e precedono i ragionamenti, che si fanno maturi prima della maturità, i dialoghi che testimoniano la crescita e l'espansione della necessità di comprensione che dall'intimo personale sfociano nel mare dell’amicizia h24, sono, tutti insieme, spettacolari, veri, reali come in un lampo l'apprensione materna per un figlio che ha lasciato da qualche ora il nido per un volo internazionale. Sono (e non credo di essere l’unico, anzi, potenza di un tema universale) sono tornato in volo, nello spazio tempo della nostalgia e dei ricordi, dell'amore che nell’impazzimento di ormoni e neuroni non ha scampo, è condanna, è condannato. L’amore che si genera e si riproduce, si rincorre e sta per avvelenare le amicizie, perché domando: a chi a quell'età non è capitato di trovare l'Amore e cominciare a perdersi completamente lasciando ai margini proprio gli amici con cui si è condiviso, fino a pochi giorni prima, l’urgenza del presente, il sogno oltre che il sonno? L'ansia di lei, per lei, di entrare nei suoi pensieri, nei suoi dialoghi, cresce, cresce a dismisura, perché nello spazio tempo della nostalgia e dei ricordi, l'adolescenza sulla soglia della maturità è l'universo impossibile da dimenticare, che ci ha costruito e fortificato, che ci ha decostruito e distrutto, affogati e risorti, nelle sere senza tramonti, nei giorni orfani di albe, nelle notti di deriva e tormento: istanti di momenti eterni senza via di fuga con all'orizzonte il mare dell'ignoto a divorarci l'anima. Un futuro mai veramente futuro ma illusione di un futuro che è desiderio. Amore come veleno avvelenato muore. E poi il prossimo, e quello dopo, e amore ancora Amore. Grazie Paolo, è un trip che non scende: è la dipendenza bella, quella dei romanzi che m'intrappola. Complimenti.